mercoledì 17 ottobre 2012


 
 
 
CHE COS’È IL BULLISMO

La parola italiana “bullismo” è la traduzione letterale del termine inglese “bullying”, usato nella

letteratura internazionale per definire quei fenomeni di prepotenza tra pari che avvengono in un

contesto di gruppo.

Il bullismo può assumere forme differenti, che possono essere così distinte:

·         modalità fisiche ( botte, furti, estorsione di denaro, danneggiamento di oggetti.....)

·         modalità verbali ( offese, minacce, insulti.....)

·         modalità di prevaricazione psicologica ( esclusione dal gruppo, diffamazione...).

Le prime due modalità vengono agite soprattutto dai maschi; l’ultima in particolar modo dalle

femmine.

Quest’ultima modalità, meno visibile, meno eclatante (che spesso non suscita interventi sul piano

disciplinare, come sospensioni o bocciature in ambito scolastico) risulta essere, comunque,

altrettanto grave.

Il bullismo più sotterraneo comporta quotidiane e sottili forme di umiliazione, prevaricazione e

provocazione, che - proprio perché meno visibili e sanzionabili - perdurano a lungo nel tempo e

logorano psicologicamente chi le subisce.

Che cosa caratterizza il bullismo? Quali elementi costituiscono la peculiarità del fenomeno?

Nessuno pensa ad un fenomeno di bullismo quando vede due ragazzi di pari età e di pari forza

litigare o anche affrontarsi fisicamente.

Il bullismo, infatti, riguarda quelle situazioni caratterizzate da:

  • intenzionalità; il bullo mette in atto intenzionalmente alcuni comportamenti - fisici o verbali -con il preciso intento di offendere l’altro, di arrecargli disagio o danno.
  • persistenza; l’interazione bullo/vittima è caratterizzata dalla ripetitività dei comportamenti

attivo/passivo, prevaricante/sottomesso, dell’uno e dell’altro. Questi comportamenti - reciproci

e complementari - dei due attori si protraggono nel tempo.

  • profili psicologici del bullo e della vittima tipici e complementari ( che saranno illustrati di

seguito).

  • asimmetria nella relazione; il rapporto fra il bullo e la vittima è fondato sul disequilibrio, sulla disuguaglianza di forza, fisica e/o psicologica.
  • contesto di gruppo; come vedremo di seguito, gli episodi di bullismo avvengono in gruppo,

per quanto gli attori principali siano solitamente soltanto due, il bullo e la vittima.

 

MULTIFATTORALITÀ DEL FENOMENO BULLISMO

L’ipotesi che determinate esperienze (emotive, affettive, relazionali, fattuali......) vissute durante le

prime fasi dello sviluppo comportino necessariamente particolari esiti nelle età successive del ciclo

di vita si è dimostrata priva di fondamento empirico.

Indubbiamente, esperienze di solitudine, abbandono, trascuratezza, oppure di violenza e paura,

possono contribuire a creare personalità fragili e/o aggressive, ma la causalità non è diretta,

lineare.

Il bullismo non può esser fatto risalire ad un’unica causa, bensì va attribuito ad una multifattorialità, ad una serie di elementi concomitanti. Non solo. E’ necessario anche tener conto delle risposte

dell’individuo alle circostanze che si trova a dover affrontare. A dirci qualcosa rispetto ad un bullo

sarà l’analisi di vari fattori (ambientali, socioculturali, esperienziali, biologici....) e l’interazione di

essi con la capacità dell’individuo stesso di fronteggiarli, le sue modalità adattive o disadattive.

Partiamo dal dato più controverso e dibattuto: esiste una predisposizione biologica? La domanda

riprende l’antico dibattito “natura/cultura” come elemento preponderante nello sviluppo

dell’individuo, ma la risposta non può che essere “sni”.

Esiste, sì, una predisposizione biologica, ma solo se intesa come maggiore o minore reattività agli

stimoli esterni stressanti, come maggiore o minore impulsività, difficoltà attentiva......

Di grande importanza risulta essere il contesto socioculturale di riferimento, tanto del bullo,

quanto della sua vittima.

Conta quale è e quale è stato il mondo etico-valoriale all’interno del quale l’individuo è cresciuto; è

di notevole importanza che le sue condotte pro o anti sociali siano state approvate o

disapprovate, incentivate, represse, derise, corrette, ignorate...

Soprattutto, contano le esperienze di vita e la rete relazionale che l’individuo vive, con i Genitori,

gli adulti in generale, i coetanei.

Questo aspetto merita particolare attenzione: solitamente, si ritengono negativi soltanto i legami

familiari poco significativi, marcati da indifferenza, trascuratezza, violenza.

Tuttavia, come vedremo analizzando il profilo psicologico della vittima, anche i legami familiari

troppo stretti, “chiusi”, vischiosi, possono determinare conseguenze negative.

CHI È IL BULLO ? CHI È LA VITTIMA ? PROFILI PSICOLOGICI

Il bullo, solitamente (ma non esclusivamente) è identificato come un maschio, più forte

fisicamente e/o psicologicamente rispetto ai suoi coetanei.

Solitamente, presenta un’autostima elevata ed ha un atteggiamento positivo verso l’aggressività

e la violenza.

Presenta una scarsa empatia nei confronti della vittima; è tendenzialmente impulsivo; è

aggressivo anche verso gli adulti; ha un forte bisogno di dominare.

Il bullo non solo prende l’iniziativa di aggredire la sua vittima, ma è anche in grado di istigare altri

a farlo, facendo leva sulla propria intelligenza sociale e sulle proprie capacità di manipolare le

situazioni relazionali a proprio vantaggio.

Quali possono essere le cause dell’insorgenza del profilo psicologico e comportamentale del

bullo? Dal punto di vista familiare, solitamente, all’interno di questi nuclei, si respira un clima di

ostilità, che viene poi riflesso nell’ambiente esterno; le relazioni sono rigide, vi è una scarsa

accettazione del figlio da parte dei genitori, il modello educativo è fortemente autoritario e

confermante le condotte aggressive e violente.

Nelle fasi precoci dello sviluppo, il futuro bullo, sovente, ha avuto Genitori gravemente incoerenti

sul piano educativo.

Questo implica, per il bambino, non poter prevedere, di volta in volta, le reazioni dei suoi Genitori

e, di conseguenza, sviluppare un atteggiamento paranoide: parole, gesti, atteggiamenti,

caratteristiche fisiche o psicologiche del tutto “neutre” vengono scambiate per insulti, attacchi o

offese alla sua persona e, quindi, ritenute meritevoli di ritorsioni e punizioni.

Ecco perché il bullo agisce spesso attacchi ingiustificati nei confronti di altri coetanei e manifesta

un atteggiamento genericamente ostile.

La vittima, solitamente, presenta livelli elevati di ansia e insicurezza. Si tratta di bambini e

ragazzi dotati di bassa autostima, con un’opinione di sé negativa e poco consapevoli delle proprie

capacità e competenze.

La vittima è fragile, di solito vive una situazione di solitudine e di esclusione all’interno del

gruppo classe e dei gruppi di coetanei in generale e questo la rende ancora più vulnerabile e

insicura.

Dal punto di vista comportamentale, la vittima è solitamente poco assertiva, eccessivamente

passiva e sottomessa al volere dei coetanei.

L’aspetto che consente il prolungarsi dei fenomeni di bullismo, tuttavia, è legato ad un’altra

caratteristica: l’incapacità di fronteggiare l’attacco; la vittima non solo non mette in atto

comportamenti reattivi in prima persona, ma neppure chiede aiuto.

Troppo spesso, con un meccanismo difensivo, la vittima nega la sua situazione, nega l’esistenza

del problema e tenta di annullare la profonda sofferenza psichica e la ferita narcisistica agendo

comportamenti di autoesclusione e colpevolizzando se stessa.

Anche per quanto riguarda la vittima, occorre analizzare la costellazione relazionale intrafamiliare;

la famiglia della vittima è spesso chiusa, coesa, molto protettiva, al punto da indurre nel figlio un

legame di dipendenza dalle figure parentali.

La conseguenza è che questi bambini hanno difficoltà a gestire i rapporti esterni al loro nucleo

famigliare, non hanno appreso a relazionarsi in ambiti complessi, a rispondere alle offese, a

difendersi dagli attacchi, verbali e fisici, dei coetanei.

Questi bambini non sanno reagire agli scherzi, restano passivi davanti alle prepotenze e alla

violenza degli altri.

Ma nel panorama del fenomeno bullismo non ci sono solo e semplicemente il “bullo” e la “vittima”.

Esistono vari altri ruoli che andremo brevemente a descrivere.

Innanzi tutto, esiste la vittima provocatrice. Essa subisce le prepotenze e le prevaricazioni, ma

manifesta anche uno stile relazionale reattivo, provocatorio e aggressivo.

La vittima provocatrice, di solito, è irritabile, molto emotiva, con un ridotto controllo degli impulsi.

Presenta un comportamento agitato, è ipercinetica, presenta notevoli disturbi dell’attenzione,

mette in atto modalità provocatorie nei confronti dei coetanei, innescando così situazioni di

elevatissima conflittualità, in cui si alternano lo status di vittima ed il ruolo di bullo.

Rispetto al bullo, all’interno del gruppo che lo incita o che, almeno, lo sostiene, troviamo l’aiutante

( che agisce insieme al bullo, ma in posizione subalterna, come seguace) e il sostenitore (che

rinforza il comportamento del bullo pur senza agire in prima persona, ma ridendo, incoraggiandolo

o anche, semplicemente, assistendo).

Esiste poi la figura del difensore, che prende le difese della vittima, sia durante l’episodio di

bullismo, intervenendo per tentare di far cessare le sopraffazioni, sia in seguito, consolandola e

manifestandole solidarietà.

E, naturalmente, esiste l’esterno, che fa di tutto per restare al di fuori degli episodi di bullismo, per

non essere coinvolto in alcun modo e in alcun ruolo.

Un accenno alle differenze di genere: esistono differenze sia per quanto riguarda il ruolo di bullo

che per quanto riguarda il ruolo di vittima. Il dato è, comunque, che il fenomeno coinvolge sempre

di più anche le bambine e le ragazze.

In quanto vittime, le femmine tendono a subire maggiormente forme di bullismo indiretto, quali

isolamento sociale, esclusione intenzionale, maldicenze. Nel ruolo di bullo, le femmine tendono a

prevaricare coetanee del loro stesso sesso.

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