CHE
COS’È IL BULLISMO
La parola italiana
“bullismo” è la traduzione letterale del termine inglese “bullying”, usato
nella
letteratura internazionale
per definire quei fenomeni di prepotenza tra pari che avvengono in un
contesto di gruppo.
Il bullismo può assumere
forme differenti, che possono essere così distinte:
·
modalità fisiche ( botte,
furti, estorsione di denaro, danneggiamento di oggetti.....)
·
modalità verbali (
offese, minacce, insulti.....)
·
modalità di prevaricazione psicologica (
esclusione dal gruppo, diffamazione...).
Le prime due modalità
vengono agite soprattutto dai maschi; l’ultima in particolar modo dalle
femmine.
Quest’ultima modalità,
meno visibile, meno eclatante (che spesso non suscita interventi sul piano
disciplinare, come
sospensioni o bocciature in ambito scolastico) risulta essere, comunque,
altrettanto grave.
Il bullismo più
sotterraneo comporta quotidiane e sottili forme di umiliazione, prevaricazione
e
provocazione, che -
proprio perché meno visibili e sanzionabili - perdurano a lungo nel tempo e
logorano psicologicamente
chi le subisce.
Che cosa caratterizza il
bullismo? Quali elementi costituiscono la peculiarità del fenomeno?
Nessuno pensa ad un
fenomeno di bullismo quando vede due ragazzi di pari età e di pari forza
litigare o anche
affrontarsi fisicamente.
Il bullismo, infatti,
riguarda quelle situazioni caratterizzate da:
- intenzionalità; il bullo mette in atto
intenzionalmente alcuni comportamenti - fisici o verbali -con il preciso
intento di offendere l’altro, di arrecargli disagio o danno.
- persistenza; l’interazione bullo/vittima è
caratterizzata dalla ripetitività dei comportamenti
attivo/passivo,
prevaricante/sottomesso, dell’uno e dell’altro. Questi comportamenti -
reciproci
e complementari - dei due
attori si protraggono nel tempo.
- profili psicologici del bullo e della vittima
tipici e complementari ( che saranno illustrati di
seguito).
- asimmetria nella relazione; il rapporto fra il
bullo e la vittima è fondato sul disequilibrio, sulla disuguaglianza di
forza, fisica e/o psicologica.
- contesto di gruppo; come vedremo di seguito,
gli episodi di bullismo avvengono in gruppo,
per quanto gli attori principali
siano solitamente soltanto due, il bullo e la vittima.
MULTIFATTORALITÀ
DEL FENOMENO BULLISMO
L’ipotesi che determinate
esperienze (emotive, affettive, relazionali, fattuali......) vissute durante le
prime fasi dello sviluppo
comportino necessariamente particolari esiti nelle età successive del ciclo
di vita si è dimostrata
priva di fondamento empirico.
Indubbiamente, esperienze
di solitudine, abbandono, trascuratezza, oppure di violenza e paura,
possono contribuire a
creare personalità fragili e/o aggressive, ma la causalità non è diretta,
lineare.
Il bullismo non può esser
fatto risalire ad un’unica causa, bensì va attribuito ad una multifattorialità,
ad una serie di elementi concomitanti. Non solo. E’ necessario anche tener
conto delle risposte
dell’individuo alle
circostanze che si trova a dover affrontare. A dirci qualcosa rispetto ad un
bullo
sarà l’analisi di vari
fattori (ambientali, socioculturali, esperienziali, biologici....) e
l’interazione di
essi con la capacità
dell’individuo stesso di fronteggiarli, le sue modalità adattive o disadattive.
Partiamo dal dato più
controverso e dibattuto: esiste una predisposizione biologica? La domanda
riprende l’antico
dibattito “natura/cultura” come elemento preponderante nello sviluppo
dell’individuo, ma la
risposta non può che essere “sni”.
Esiste, sì, una
predisposizione biologica, ma solo se intesa come maggiore o minore reattività
agli
stimoli
esterni stressanti, come maggiore o minore impulsività, difficoltà
attentiva......
Di grande importanza
risulta essere il contesto socioculturale di riferimento, tanto del
bullo,
quanto della sua vittima.
Conta quale è e quale è
stato il mondo etico-valoriale all’interno del quale l’individuo è cresciuto; è
di notevole importanza
che le sue condotte pro o anti sociali siano state approvate o
disapprovate,
incentivate, represse, derise, corrette, ignorate...
Soprattutto, contano le
esperienze di vita e la rete relazionale che l’individuo vive, con i Genitori,
gli adulti in generale, i
coetanei.
Questo aspetto merita
particolare attenzione: solitamente, si ritengono negativi soltanto i legami
familiari poco
significativi, marcati da indifferenza, trascuratezza, violenza.
Tuttavia, come vedremo
analizzando il profilo psicologico della vittima, anche i legami familiari
troppo stretti, “chiusi”,
vischiosi, possono determinare conseguenze negative.
CHI È IL
BULLO ? CHI È LA VITTIMA ? PROFILI PSICOLOGICI
Il bullo,
solitamente (ma non esclusivamente) è identificato come un maschio, più forte
fisicamente
e/o psicologicamente rispetto ai suoi coetanei.
Solitamente, presenta un’autostima
elevata ed ha un atteggiamento positivo verso l’aggressività
e la violenza.
Presenta una scarsa
empatia nei confronti della vittima; è tendenzialmente impulsivo; è
aggressivo anche verso
gli adulti; ha un forte bisogno di dominare.
Il bullo non solo prende
l’iniziativa di aggredire la sua vittima, ma è anche in grado di istigare altri
a farlo, facendo leva
sulla propria intelligenza sociale e sulle proprie capacità di manipolare le
situazioni relazionali a
proprio vantaggio.
Quali possono essere le
cause dell’insorgenza del profilo psicologico e comportamentale del
bullo? Dal punto di vista
familiare, solitamente, all’interno di questi nuclei, si respira un clima di
ostilità,
che viene poi riflesso nell’ambiente esterno; le relazioni sono
rigide, vi è una scarsa
accettazione del figlio
da parte dei genitori, il modello educativo è fortemente autoritario e
confermante le condotte
aggressive e violente.
Nelle fasi precoci dello
sviluppo, il futuro bullo, sovente, ha avuto Genitori gravemente incoerenti
sul piano educativo.
Questo implica, per il
bambino, non poter prevedere, di volta in volta, le reazioni dei suoi Genitori
e, di conseguenza,
sviluppare un atteggiamento paranoide: parole, gesti, atteggiamenti,
caratteristiche fisiche o
psicologiche del tutto “neutre” vengono scambiate per insulti, attacchi o
offese alla sua persona
e, quindi, ritenute meritevoli di ritorsioni e punizioni.
Ecco perché il bullo
agisce spesso attacchi ingiustificati nei confronti di altri coetanei e
manifesta
un atteggiamento
genericamente ostile.
La vittima, solitamente,
presenta livelli elevati di ansia e insicurezza. Si tratta di
bambini e
ragazzi dotati di bassa
autostima, con un’opinione di sé negativa e poco consapevoli delle proprie
capacità e competenze.
La vittima è fragile, di
solito vive una situazione di solitudine e di esclusione all’interno
del
gruppo classe e dei
gruppi di coetanei in generale e questo la rende ancora più vulnerabile e
insicura.
Dal punto di vista
comportamentale, la vittima è solitamente poco assertiva, eccessivamente
passiva e sottomessa al
volere dei coetanei.
L’aspetto che consente il
prolungarsi dei fenomeni di bullismo, tuttavia, è legato ad un’altra
caratteristica:
l’incapacità di fronteggiare l’attacco; la vittima non solo non mette in atto
comportamenti reattivi in
prima persona, ma neppure chiede aiuto.
Troppo spesso, con un
meccanismo difensivo, la vittima nega la sua situazione, nega l’esistenza
del problema e tenta di
annullare la profonda sofferenza psichica e la ferita narcisistica agendo
comportamenti di
autoesclusione e colpevolizzando se stessa.
Anche per quanto riguarda
la vittima, occorre analizzare la costellazione relazionale intrafamiliare;
la famiglia della vittima
è spesso chiusa, coesa, molto protettiva, al punto da indurre nel figlio un
legame di dipendenza dalle
figure parentali.
La conseguenza è che
questi bambini hanno difficoltà a gestire i rapporti esterni al loro nucleo
famigliare, non hanno
appreso a relazionarsi in ambiti complessi, a rispondere alle offese, a
difendersi dagli
attacchi, verbali e fisici, dei coetanei.
Questi bambini non sanno
reagire agli scherzi, restano passivi davanti alle prepotenze e alla
violenza degli altri.
Ma nel panorama del
fenomeno bullismo non ci sono solo e semplicemente il “bullo” e la “vittima”.
Esistono vari altri ruoli
che andremo brevemente a descrivere.
Innanzi tutto, esiste la vittima
provocatrice. Essa subisce le prepotenze e le prevaricazioni, ma
manifesta anche uno stile
relazionale reattivo, provocatorio e aggressivo.
La vittima provocatrice,
di solito, è irritabile, molto emotiva, con un ridotto controllo degli impulsi.
Presenta un comportamento
agitato, è ipercinetica, presenta notevoli disturbi dell’attenzione,
mette in atto modalità provocatorie
nei confronti dei coetanei, innescando così situazioni di
elevatissima
conflittualità, in cui si alternano lo status di vittima ed il ruolo di bullo.
Rispetto al bullo,
all’interno del gruppo che lo incita o che, almeno, lo sostiene, troviamo l’aiutante
( che agisce insieme al
bullo, ma in posizione subalterna, come seguace) e il sostenitore (che
rinforza il comportamento
del bullo pur senza agire in prima persona, ma ridendo, incoraggiandolo
o anche, semplicemente,
assistendo).
Esiste poi la figura del difensore,
che prende le difese della vittima, sia durante l’episodio di
bullismo, intervenendo
per tentare di far cessare le sopraffazioni, sia in seguito, consolandola e
manifestandole
solidarietà.
E, naturalmente, esiste
l’esterno, che fa di tutto per restare al di fuori degli episodi di
bullismo, per
non essere coinvolto in
alcun modo e in alcun ruolo.
Un accenno alle
differenze di genere: esistono differenze sia per quanto riguarda il ruolo di
bullo
che per quanto riguarda
il ruolo di vittima. Il dato è, comunque, che il fenomeno coinvolge sempre
di più anche le bambine e
le ragazze.
In quanto vittime, le
femmine tendono a subire maggiormente forme di bullismo indiretto, quali
isolamento sociale,
esclusione intenzionale, maldicenze. Nel ruolo di bullo, le femmine tendono a
prevaricare coetanee del loro
stesso sesso.
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