mercoledì 24 ottobre 2012

INIZIO CORSO MASSAGGIO INFANTILE A FAENZA

Martrdi 30 ottobre ore 16 presso La Farmacia Sansoni, P.zza Popolo 8, Faenza prima lezione del corso di massaggio infantile per bimbi 0-12 mesi e loro genitori.
Il corso sara' composto da 5 incontri di un 'ora e mezza ciascuno con un prezzo per intero corso a bimbo di 80€. Per info 3298025403 0546-21011.


venerdì 19 ottobre 2012

GIORNATA INFORMATIVA MASSAGGIO INFANTILE A.I.M.I.

Martedì 23 ottobre ore 16 c/o Farmacia Sansoni Giornata informativa sul Massaggio Infantile A.I.M.I. per bimbi 0-12 mesi e loro genitori. Per informazioni e iscrizioni Farmacia Sansoni, P.zza Del Popolo 8, Faenza-0546/21011. Partecipate ;-)

mercoledì 17 ottobre 2012

I benefici del massaggio

 
 
 
 
 
 
I BENEFICI DEL MASSAGGIO
 
 
 
Il massaggio:
  • Favorisce uno stato di benessere nel bambino
  • Aiuta il bambino a scaricare e dare sollievo alle tensioni provocate da situazioni nuove, stress o piccoli malesseri
  • Favorisce il rilassamento del bambino
  • Stimola, fortifica e regolarizza il sistema circolatorio, respiratorio, muscolare, immunitario e gastro-intestinale e così previene e dà sollievo al disagio delle coliche gassose
  • Può prevenire e dare sollievo al disagio provocato dalle coliche gassose
  • Può rivelarsi un buon sostegno nei disturbi del ritmo sonno-veglia
  • Favorisce nel bambino la conoscenza delle varie parti del corpo sostenendo lo sviluppo dell’immagine di sé, così da far sentire il bambino aperto, sostenuto ed amato
  • Favorisce il legame di attaccamento e rafforza la relazione genitore-bambino
  • E’ un’esperienza di profondo contatto affettivo tra genitori e bambino, che favorisce il rilassamento di entrambi
  • Nutre e sostiene nell’arte di essere genitori
Un’altro importante beneficio del massaggio è la stimolazione.
Principalmente viene stimolato il tatto come organo di senso (raramente quando si dice tatto si pensa a tutta la superficie corporea, ma ad alcune parti più ricche di recettori, o addirittura solo con le mani.
E’ vero che le mani sono fatte per toccare e attraverso esse possiamo ad occhi chiusi riconoscere oggetti, ma tutta la pelle del corpo è predisposta ad essere toccata e riceve sensazioni. Pensiamo quindi quanto l’organo di senso tatto sia esteso!) in quanto la pelle stimolata manda, attraverso le vie nervose, afferenze al cervello dove vengono elaborate e riceve efferenze creando così un rapporto con l’ambiente.
Una conseguenza diretta di questa stimolazione è l’accelerazione della mielinizzazione (il neonato non ha ancora completato il processo di mielinizzazione del sistema nervoso) delle fibre nervose. Considerando che la funzione crea l’organo, nella relazione in cui l’afferenza da luogo ad un’efferenza viene rinforzato l’apparato conduttore.
In questo caso il massaggio può aiutare a prevenire e attenuare le coliche intestinali che spesso (oltre ad altri fattori, perché in effetti non si conosce la causa specifica delle coliche, anche se Jean Liedloff nel suo “Il concetto del continuum” dice che nelle popolazioni primitive il problema delle coliche non esiste perché il neonato è sempre a contatto pelle a pelle con la madre e questa impara prestissimo a rispondere alle sue richieste di accudimento che vengono velocemente soddisfatte) sono dovute ad una immaturità intestinale.
Naturalmente questo non è solo un processo fisico, ma anche psicologico e di relazione. Secondo Spitz lo sviluppo neurologico del bambino è strettamente collegato con la qualità delle esperienze sensoriali che il piccolo vive nel suo rapporto con la madre (manipolazione, dialogo, contatto fisico etc).
Vengono inoltre stimolati:
  • L’apparato respiratorio, favorendo l’assunzione e l’utilizzo di O2 ed eliminazione di CO2.
  • L’apparato cardiocircolatorio favorendo la perfusione periferica (attraverso l’utilizzo della PO2 trans-cutanea si è visto come la presenza di stress possa essere causa di differenze individuali dei livelli di ossigeno. Il massaggio aiuta a mitigare queste fluttuazioni e può essere usato per mantenere il bambino in uno stato di quiete in presenza di avvenimenti stressanti (prelievi etc.).
  • L’apparato gastro-intestinale: il massaggio in senso orario aiuta la peristalsi e l’evacuazione di aria e feci, ma un buon contatto favorisce anche una migliore digestione e assimilazione del cibo che incrementa la crescita.
  • Il sistema immunitario: la stimolazione cutanea nella prima infanzia esercita un’influenza benefica sul sistema immunitario con importanti conseguenze sulla resistenza alle infezioni e alle malattie.
  • Il sistema linfatico favorendo il ritorno linfatico e quindi una migliore nutrizione delle cellule e una più veloce eliminazione delle tossine.
  • Il sistema neuro-ormonale: il contatto abbassa i livelli di ACTH nel sangue e riduce lo stress, favorisce la produzione di ossitocina e prolattina, essenziali per la sopravvivenza del cucciolo e per rinforzare l’attitudine del prendersi cura nell’adulto.
Viene poi il capitolo della stimolazione sensoriale.
  • Vista: durante il massaggio c’è un diretto contatto visivo con la madre; il bambino osserva il volto (contorni e particolari), nota le espressioni (Klaus-Brazelton). Se tenuto nella posizione a culla col capo allineato con il resto del corpo riceve stimolazioni simmetriche e ciò naturalmente acuisce la capacità visiva e la messa a fuoco, accelerando la mielinizzazione del nervo ottico e quindi la funzionalità visiva (la funzione crea l’organo).
  • Udito: sempre nella posizione a culla simmetrica la madre (o il padre) parla al bambino con una voce adatta (cioè ad alta frequenza) che conosce (o riconosce) istintivamente. Il bambino riceve simmetricamente lo stimolo uditivo e comincia a misurare le distanze. Parlare al bambino diventa anche un rinforzo del linguaggio. Il bambino, quando la madre parla, per imitazione produce dei suoni e la madre (o il padre) li rinforza creando così un primo dialogo verbale.
  • Odorato: la vicinanza e lo stretto contatto fanno si che la madre e il bambino si riconoscano, soprattutto nei primi mesi. Infatti si consiglia di usare un olio non profumato. In un secondo tempo scegliere il profumo potrà diventare un gioco e quel profumo farà riconoscere il momento del massaggio.
Queste le conclusioni di uno studio sui ratti abituati ad essere toccati e manipolati con cura nella prima infanzia, che dopo l’immunizzazione primaria e secondaria avevano una percentuale di anticorpi in più rispetto a quelli che non avevano avuto questo trattamento privilegiato. E’ possibile che questa capacità immunitaria si produca per il meccanismo di conduzione delle sostanze e degli ormoni del timo, una ghiandola che guida lo sviluppo della funzione immunitaria, e anche per la mediazione di quella parte del cervello nota come ipotalamo.  
Comunque, senza partire dai topini, negli anni ’80 è stato messo a punto il metodo di Marsupioterapia soprattutto per i neonati al di sotto del peso di nascita di 1500g. Questi bambini sono immunodepressi ed a rischio di infezione (oltre che spesso a tutta una serie di problemi che vanno dalla labilità del sistema termoregolatore ad apnee, cianosi etc). La scienza medica suggerisce di tenerli in un ambiente asettico, con meno contatti possibile, per evitare le infezioni. Sperimentando la marsupioterapia cioè tenendo il bambino nudo tra le mammelle della madre in posizione verticale,(per almeno 2 ore, due o più volte al giorno, almeno 3/4 volte alla settimana) si è potuto constatare che favorendo questo contatto non si sono registrati né infezioni (eppure il bambino non era di sicuro a contatto con un ambiente sterile!), né problemi di termoregolazione, apnee o crisi di bradicardia. C’è stato invece incremento ponderale. Questo la dice lunga sull’effetto curativo del massaggio, cioè della trasmissione di nutrimento, calore,amore e quant’altro è fondamentalmente necessario per vivere.
Si potrebbe parlare di educazione sensoriale.
Il massaggio di tutto il corpo permette una precoce e completa percezione e conoscenza dello schema corporeo a livello cerebrale.
In ultimo non è da trascurare lo stimolo alla relazione e al gioco: nei primi mesi il bambino non usa oggetti per giocare (sono gli adulti che li propongono nelle camerette super-tecno-mega-rifornite), i primi elementi di gioco sono il viso della madre (padre), la bocca soprattutto, i capelli, le sue manine, più tardi i piedini. La madre gioca con il corpo del suo bambino (formichina formichina) col viso (questo è l’occhio bello, questo è suo fratello), le manine (pollice dice non c’è di pane, indice dice come faremo?…), con i piedi (piedino bel piedino…) e inventa filastrocche per lui.
Altro beneficio del massaggio è il sollievo.
Infatti il massaggio all’addome allevia il dolore delle coliche gassose, tonificando il tratto digestivo e aiutando ad eliminare aria e feci. Vi sono casi in cui il massaggio del viso allevia la tensione durante il periodo della dentizione o aiuta a scaricare il nasino durante il raffreddore.
Un importante momento di sollievo si ha quando attraverso il massaggio il bambino può dar sfogo ad una tensione emotiva, magari con un bel pianto o una energica attività motoria per poi sprofondare in un bel sonno ristoratore.
Il capitolo dei benefici che a noi dell’AIMI sta più a cuore e’ quello dell’interazione e attaccamento. Infatti noi non insegniamo a massaggiare i bambini, ma insegniamo ai genitori a massaggiare i propri figli.
Attraverso il massaggio infatti si facilita il processo del bonding.
Il bonding è un processo presente in natura e si stabilisce quando due particelle diverse si avvicinano e si attraggono; il cambiamento di polarità di una si riflette sull’altra determinando una relazione dinamica e riducendo in uno stato di unità entità separate. Nel caso della relazione genitori/bambino la creazione del legame è una questione di interazione reciproca in cui ogni partner ha un ruolo nel facilitare la relazione, è una danza durante la quale i partner si seguono, si guidano, si sostengono, si ascoltano e assecondano creando la loro danza. E come nella danza c’è contatto, ritmo, calore, intesa di sguardi e di movimenti.
Il processo del bonding è sostenuto da tutta una serie di elementi:
  • Contatto visivo
  • Pianto
  • Voce
  • Odorato
  • Tatto
  • Calore
  • Ossitocina e prolattina
Attraverso lo stretto contatto fisico c’è un’aumentata produzione di ormoni materni (sono stati fatti studi in proposito sui ratti: Moltz 1969)
  1. aiutano l’utero nelle contrazioni per espellere i residui del parto
  2. aumentano la produzione di latte
  3. aiutano la madre a rilassarsi e a rispondere ai bisogni del bambino in modo adeguato.
In questo ultimo caso succede che il padre che si prende cura ed ha maggior contatto col proprio bambino subisce questa influenza. Tutti questi elementi sono ampiamente presenti durante il momento del massaggio e vengono sviluppati e interpretati.
Possiamo dire ancora che il massaggio aumenta la fiducia nel bambino.
Il bambino è un essere aperto e quindi vulnerabile che attraverso il tocco amorevole impara a lasciarsi andare: è perciò che dobbiamo avere per lui il massimo rispetto e chiedergli il permesso di essere massaggiato. In questo modo lo consideriamo una persona a tutti gli effetti e ci mettiamo in relazione con lui. Durante il massaggio c’è un grande scambio di amore e calore umano e si nutre il bambino di sensazioni positive che sono la premessa di un comportamento positivo, di autostima che lascia il bambino libero di esprimere le proprie emozioni. Infatti durante il massaggio può succedere che il bambino pianga ma succede pure che l’adulto sia più disponibile ad accettarlo e ciò dà enorme fiducia al bambino (sono buono e accettato anche se piango).
Inoltre è importante anche il coinvolgimento del padre: il bambino saprà distinguere attraverso il tocco diverso le due figure genitoriali che in effetti sono diverse ma ugualmente amorevoli.
E’ inoltre importante per il padre rafforzare il suo ruolo paterno e trovarsi un momento tutto per lui da dedicare al figlio senza interferenze esterne.
E’ chiaro quindi che i benefici del massaggio non sono rivolti al bambino ma anche ai genitori e alla relazione.


 
 
 
CHE COS’È IL BULLISMO

La parola italiana “bullismo” è la traduzione letterale del termine inglese “bullying”, usato nella

letteratura internazionale per definire quei fenomeni di prepotenza tra pari che avvengono in un

contesto di gruppo.

Il bullismo può assumere forme differenti, che possono essere così distinte:

·         modalità fisiche ( botte, furti, estorsione di denaro, danneggiamento di oggetti.....)

·         modalità verbali ( offese, minacce, insulti.....)

·         modalità di prevaricazione psicologica ( esclusione dal gruppo, diffamazione...).

Le prime due modalità vengono agite soprattutto dai maschi; l’ultima in particolar modo dalle

femmine.

Quest’ultima modalità, meno visibile, meno eclatante (che spesso non suscita interventi sul piano

disciplinare, come sospensioni o bocciature in ambito scolastico) risulta essere, comunque,

altrettanto grave.

Il bullismo più sotterraneo comporta quotidiane e sottili forme di umiliazione, prevaricazione e

provocazione, che - proprio perché meno visibili e sanzionabili - perdurano a lungo nel tempo e

logorano psicologicamente chi le subisce.

Che cosa caratterizza il bullismo? Quali elementi costituiscono la peculiarità del fenomeno?

Nessuno pensa ad un fenomeno di bullismo quando vede due ragazzi di pari età e di pari forza

litigare o anche affrontarsi fisicamente.

Il bullismo, infatti, riguarda quelle situazioni caratterizzate da:

  • intenzionalità; il bullo mette in atto intenzionalmente alcuni comportamenti - fisici o verbali -con il preciso intento di offendere l’altro, di arrecargli disagio o danno.
  • persistenza; l’interazione bullo/vittima è caratterizzata dalla ripetitività dei comportamenti

attivo/passivo, prevaricante/sottomesso, dell’uno e dell’altro. Questi comportamenti - reciproci

e complementari - dei due attori si protraggono nel tempo.

  • profili psicologici del bullo e della vittima tipici e complementari ( che saranno illustrati di

seguito).

  • asimmetria nella relazione; il rapporto fra il bullo e la vittima è fondato sul disequilibrio, sulla disuguaglianza di forza, fisica e/o psicologica.
  • contesto di gruppo; come vedremo di seguito, gli episodi di bullismo avvengono in gruppo,

per quanto gli attori principali siano solitamente soltanto due, il bullo e la vittima.

 

MULTIFATTORALITÀ DEL FENOMENO BULLISMO

L’ipotesi che determinate esperienze (emotive, affettive, relazionali, fattuali......) vissute durante le

prime fasi dello sviluppo comportino necessariamente particolari esiti nelle età successive del ciclo

di vita si è dimostrata priva di fondamento empirico.

Indubbiamente, esperienze di solitudine, abbandono, trascuratezza, oppure di violenza e paura,

possono contribuire a creare personalità fragili e/o aggressive, ma la causalità non è diretta,

lineare.

Il bullismo non può esser fatto risalire ad un’unica causa, bensì va attribuito ad una multifattorialità, ad una serie di elementi concomitanti. Non solo. E’ necessario anche tener conto delle risposte

dell’individuo alle circostanze che si trova a dover affrontare. A dirci qualcosa rispetto ad un bullo

sarà l’analisi di vari fattori (ambientali, socioculturali, esperienziali, biologici....) e l’interazione di

essi con la capacità dell’individuo stesso di fronteggiarli, le sue modalità adattive o disadattive.

Partiamo dal dato più controverso e dibattuto: esiste una predisposizione biologica? La domanda

riprende l’antico dibattito “natura/cultura” come elemento preponderante nello sviluppo

dell’individuo, ma la risposta non può che essere “sni”.

Esiste, sì, una predisposizione biologica, ma solo se intesa come maggiore o minore reattività agli

stimoli esterni stressanti, come maggiore o minore impulsività, difficoltà attentiva......

Di grande importanza risulta essere il contesto socioculturale di riferimento, tanto del bullo,

quanto della sua vittima.

Conta quale è e quale è stato il mondo etico-valoriale all’interno del quale l’individuo è cresciuto; è

di notevole importanza che le sue condotte pro o anti sociali siano state approvate o

disapprovate, incentivate, represse, derise, corrette, ignorate...

Soprattutto, contano le esperienze di vita e la rete relazionale che l’individuo vive, con i Genitori,

gli adulti in generale, i coetanei.

Questo aspetto merita particolare attenzione: solitamente, si ritengono negativi soltanto i legami

familiari poco significativi, marcati da indifferenza, trascuratezza, violenza.

Tuttavia, come vedremo analizzando il profilo psicologico della vittima, anche i legami familiari

troppo stretti, “chiusi”, vischiosi, possono determinare conseguenze negative.

CHI È IL BULLO ? CHI È LA VITTIMA ? PROFILI PSICOLOGICI

Il bullo, solitamente (ma non esclusivamente) è identificato come un maschio, più forte

fisicamente e/o psicologicamente rispetto ai suoi coetanei.

Solitamente, presenta un’autostima elevata ed ha un atteggiamento positivo verso l’aggressività

e la violenza.

Presenta una scarsa empatia nei confronti della vittima; è tendenzialmente impulsivo; è

aggressivo anche verso gli adulti; ha un forte bisogno di dominare.

Il bullo non solo prende l’iniziativa di aggredire la sua vittima, ma è anche in grado di istigare altri

a farlo, facendo leva sulla propria intelligenza sociale e sulle proprie capacità di manipolare le

situazioni relazionali a proprio vantaggio.

Quali possono essere le cause dell’insorgenza del profilo psicologico e comportamentale del

bullo? Dal punto di vista familiare, solitamente, all’interno di questi nuclei, si respira un clima di

ostilità, che viene poi riflesso nell’ambiente esterno; le relazioni sono rigide, vi è una scarsa

accettazione del figlio da parte dei genitori, il modello educativo è fortemente autoritario e

confermante le condotte aggressive e violente.

Nelle fasi precoci dello sviluppo, il futuro bullo, sovente, ha avuto Genitori gravemente incoerenti

sul piano educativo.

Questo implica, per il bambino, non poter prevedere, di volta in volta, le reazioni dei suoi Genitori

e, di conseguenza, sviluppare un atteggiamento paranoide: parole, gesti, atteggiamenti,

caratteristiche fisiche o psicologiche del tutto “neutre” vengono scambiate per insulti, attacchi o

offese alla sua persona e, quindi, ritenute meritevoli di ritorsioni e punizioni.

Ecco perché il bullo agisce spesso attacchi ingiustificati nei confronti di altri coetanei e manifesta

un atteggiamento genericamente ostile.

La vittima, solitamente, presenta livelli elevati di ansia e insicurezza. Si tratta di bambini e

ragazzi dotati di bassa autostima, con un’opinione di sé negativa e poco consapevoli delle proprie

capacità e competenze.

La vittima è fragile, di solito vive una situazione di solitudine e di esclusione all’interno del

gruppo classe e dei gruppi di coetanei in generale e questo la rende ancora più vulnerabile e

insicura.

Dal punto di vista comportamentale, la vittima è solitamente poco assertiva, eccessivamente

passiva e sottomessa al volere dei coetanei.

L’aspetto che consente il prolungarsi dei fenomeni di bullismo, tuttavia, è legato ad un’altra

caratteristica: l’incapacità di fronteggiare l’attacco; la vittima non solo non mette in atto

comportamenti reattivi in prima persona, ma neppure chiede aiuto.

Troppo spesso, con un meccanismo difensivo, la vittima nega la sua situazione, nega l’esistenza

del problema e tenta di annullare la profonda sofferenza psichica e la ferita narcisistica agendo

comportamenti di autoesclusione e colpevolizzando se stessa.

Anche per quanto riguarda la vittima, occorre analizzare la costellazione relazionale intrafamiliare;

la famiglia della vittima è spesso chiusa, coesa, molto protettiva, al punto da indurre nel figlio un

legame di dipendenza dalle figure parentali.

La conseguenza è che questi bambini hanno difficoltà a gestire i rapporti esterni al loro nucleo

famigliare, non hanno appreso a relazionarsi in ambiti complessi, a rispondere alle offese, a

difendersi dagli attacchi, verbali e fisici, dei coetanei.

Questi bambini non sanno reagire agli scherzi, restano passivi davanti alle prepotenze e alla

violenza degli altri.

Ma nel panorama del fenomeno bullismo non ci sono solo e semplicemente il “bullo” e la “vittima”.

Esistono vari altri ruoli che andremo brevemente a descrivere.

Innanzi tutto, esiste la vittima provocatrice. Essa subisce le prepotenze e le prevaricazioni, ma

manifesta anche uno stile relazionale reattivo, provocatorio e aggressivo.

La vittima provocatrice, di solito, è irritabile, molto emotiva, con un ridotto controllo degli impulsi.

Presenta un comportamento agitato, è ipercinetica, presenta notevoli disturbi dell’attenzione,

mette in atto modalità provocatorie nei confronti dei coetanei, innescando così situazioni di

elevatissima conflittualità, in cui si alternano lo status di vittima ed il ruolo di bullo.

Rispetto al bullo, all’interno del gruppo che lo incita o che, almeno, lo sostiene, troviamo l’aiutante

( che agisce insieme al bullo, ma in posizione subalterna, come seguace) e il sostenitore (che

rinforza il comportamento del bullo pur senza agire in prima persona, ma ridendo, incoraggiandolo

o anche, semplicemente, assistendo).

Esiste poi la figura del difensore, che prende le difese della vittima, sia durante l’episodio di

bullismo, intervenendo per tentare di far cessare le sopraffazioni, sia in seguito, consolandola e

manifestandole solidarietà.

E, naturalmente, esiste l’esterno, che fa di tutto per restare al di fuori degli episodi di bullismo, per

non essere coinvolto in alcun modo e in alcun ruolo.

Un accenno alle differenze di genere: esistono differenze sia per quanto riguarda il ruolo di bullo

che per quanto riguarda il ruolo di vittima. Il dato è, comunque, che il fenomeno coinvolge sempre

di più anche le bambine e le ragazze.

In quanto vittime, le femmine tendono a subire maggiormente forme di bullismo indiretto, quali

isolamento sociale, esclusione intenzionale, maldicenze. Nel ruolo di bullo, le femmine tendono a

prevaricare coetanee del loro stesso sesso.

 
COMUNICAZIONE ED AGGRESSIVITA’ NELLA PRIMA INFANZIA E ADOLESCENZA

La rabbia è come la paura: una reazione emotiva in presenza di una minaccia alla nostra sopravvivenza. Ci mette in guardia contro il pericolo, spiegandoci ad agire: se prevale la paura, fuggiamo; se invece prevale la rabbia, ci mettiamo a combattere. I tentativi di soffocare completamente la rabbia possono essere incauti e sono destinati a fallire. Di fatto, un bambino che non può provare rabbia o manifestarla corre il rischio di restare incompreso, senza la dovuta protezione e persino di trovarsi in una situazione di pericolo; può darsi persino che cominci a dirigerla verso di sé.

Nel corso del tempo, il bambino dovrà imparare a controllare le proprie emozioni in modo da poterne comprendere l’origine. Inoltre, dovrà imparare a manifestare le reazioni emotive in modo efficace così che gli altri possano comprenderle e siano disponibili a rispondere positivamente ad esse. Tuttavia, quando un bambino piccolo prova rabbia, è portato nella maggior parte dei casi ad agire impulsivamente, senza avere la possibilità di capire perché sia arrabbiato e quale sia il comportamento migliore da adottare.

Le molteplici cause della rabbia

Alcuni adulti potrebbero pensare alla rabbia come a un’emozione negativa, da reprimere a qualunque costo. Eppure è un’emozione inevitabile e necessaria. Generalmente la rabbia serve a uno scopo per il bambino; e poiché può essere dovuta a una serie di elementi scatenanti diversi, è importante comprenderne la causa per stabilire il modo migliore per aiutare il bambino a gestirla.

Pericoli e bisogni insoddisfatti

La più elementare causa di rabbia è una minaccia alla sopravvivenza o al benessere. Tra questo tipo di minacce rientrano il dolore, la fame e la paura, insieme al rischio percepito di essere in pericolo o di essere lasciato solo. Tutti questi aspetti sono evidenti fin dai primi mesi di vita. Nel corso di tutta l’infanzia, la primissima forma di rabbia scaturisce dal mancato soddisfacimento di un bisogno.

 Vergogna e umiliazione

La rabbia può scaturire, inoltre, dalla vergogna e dall’umiliazione che possono accompagnare un insuccesso. Ciò ha luogo quando il bambino, divenuto consapevole delle aspettative degli altri nei suoi confronti, è in grado di valutare le sue prestazioni per verificare se si è comportato all’altezza di queste aspettative. Solitamente il bambino non è in grado di fare questo tipo di confronto tra se stesso e i criteri altrui fino a quando non ha almeno 3 anni.

Cause più serie all’origine della rabbia

Quando un bambino sembra essere arrabbiato per gran parte del tempo oppure le sue reazioni appaiono sproporzionate rispetto alla causa e la sua rabbia interferisce si con i rapporti con la famiglia e gli amici sia con attività importanti a scuola, la presenza di questa emozione potrebbe essere un sintomo di un problema sottostante più serio. Quando, per esempio, un bambino è depresso, potrebbe sembrare più arrabbiato che triste; può darsi che sia irritabile per gran parte della giornata e incapace di divertirsi nelle attività che un tempo gli piacevano. Quando all’interno della famiglia vi sono manifestazioni prolungate o violente di rabbia, per esempio se il matrimonio dei genitori è in crisi o si verificano casi di violenza domestica, è probabile che il bambino sia arrabbiato più spesso e in maniera spropositata rispetto all’elemento che nell’immediato può aver scatenato la collera.

Modi per aiutare un bambino a colmare la rabbia

  • Interruzione dell’azione, abbandonare la scena: allontanarsi dalla causa della rabbia può essere un primo passo fondamentale
  • Tentativi di calmare e tranquillizzare il bambino: rivolgersi a lui con tono dolce, cantargli una ninnananna, abbracciarlo, cullarlo
  • Tentativi  del bambino di calmarsi da solo
  • Distrazioni/diversivi
  • Attività fisica
  • Forme di espressione creativa: schiacciare una palla di creta o plastilina
  • Sfogarsi con qualcuno: parlare con una persona comprensiva può contribuire ad alleviare i sentimenti di rabbia
  • Una nuova comprensione: quando il bambino è pronto a parlare con voi, aiutatelo a riconoscere gli altri sentimenti che potrebbero stare alla base della rabbia

 Libri per i genitori

  1. Brazelton T. B., Sparrow J.D. il tuo bambino e …. l’aggressività. Raffaello cortina Editore
  2. Goleman D. intelligenza emotiva: che cos’è, perché può renderci felici. Rizzoli
  3. Greenspan S. l’intelligenza del cuore: le emozioni e lo sviluppo della mente. Mondadori
  4. Mayer M. Brutti sogni in ripostiglio. Ed. El

 

Libri per i bambini

  1. D’allace M. Che rabbia. Babalibri Ed.
  2. Agnes B., Frely G. Sono molto arrabbiato. Ape Edizioni
  3. Whitehouse E., Pudney W. Ho un vulcano in pancia. Gruppo abele Ed.
  4. Emozioni in favola. Ed Red

 
LE ABITUDINI DEL BAMBINO

(SONNO, ALIMENTAZIONE, EDUCAZIONE AL VASINO)

 

IL MOMENTO DELL’ ADDORMENTAMENTO …

Ogni bambino ha un suo caratteristico ciclo di sonno leggero e profondo. Questi cicli sono scanditi alla nascita e si sono instaurati in sincronia con i cicli giornalieri della madre durante la gravidanza. Solitamente non sono paralleli ai cicli materni, dato che il feto dorme mentre la madre è in attività e si sveglia quando la madre si distende. Ma il periodo di attività della madre porta a regolare il periodo successivo del bambino. In tal modo il neonato ha già un suo ritmo sonno-veglia. Dopo la nascita l’ambiente esterno tenderà a spingere il bambino a periodi più lunghi di veglia durante il giorno e a cicli sempre più lunghi di sonno durante la notte.

All’età di quattro mesi, o prima, il ritmo del sonno comincia a essere regolato secondo schemi precisi – solitamente con cicli della durata di 3-4 ore. A metà di ogni ciclo esiste un periodo, della durata di circa 1ora e mezza, di sonno profondo in cui il bambino si muove molto poco e difficilmente si sveglia, qualunque sia lo stimolo utilizzato per riuscirci. Prima e dopo questo periodo c’è un’ora di sonno più leggero, popolato di sogni, con un’attività alternante. Alla fine di ogni ciclo di quattro ore, il bambino giunge a uno stato di semiveglia in cui è molto vicino allo stato di coscienza e si sveglia facilmente. A questo punto, ogni bambino ha un proprio comportamento abituale – può succhiarsi il pollice, piangere, cullarsi da solo, oppure battere ritmicamente la testa. I bambini più grandi possono rigirarsi nel letto, provare nuovi trucchi tipo mettersi in piedi o camminare, oppure agitarsi o parlare da soli.

Tutti questi comportamenti sembrano assolvere al compito di scaricare l’energia accumulata dalle attività della giornata e di ricondurre il bambino al successivo ciclo di sonno. Quando questi intervalli di semicoscienza possono essere gestiti dal bambino, i cicli di sonno si stabilizzano per poi allungarsi fino a che il bambino riesce finalmente a rimanere addormentato per otto e poi dodici ore a notte.

Alcune ricerche hanno dimostrato che il prolungamento di questi cicli dipende da una sorta di condizionamento. Se il neonato vive in un ambiente che consolida ogni periodo di veglia con un qualsiasi intervento da parte dei genitori, tipo una poppata, è improbabile che il bambino prolunghi ciclo cercando di riaddormentarsi. Ma se non riceve risposta, sarà costretto a trovare un proprio modo per scaricare l’attività e consolarsi da solo, scivolando nel ciclo successi

 

Linee guida

*     Assicurarsi che entrambi i genitori concordano sul programma. Se i genitori sono in disaccordo, il bambino percepirà l’ambivalenza

*     Osservare la giornata del bambino. Dorme troppo e/o troppo tardi nel pomeriggio? Per i bambini di età superiore a un anno, il riposino pomeridiano dovrebbe iniziare presto (intorno all’una) e durare solo una o due ore al massimo. Se il bambino ha più di due anni, il riposino pomeridiano potrebbe essere sospeso completamente. Eventuali riposi o sonnellini dopo le tre del pomeriggio interromperanno certamente il ciclo di attività e diminuiranno la necessità di sonno continuo e profondo durante la notte.

*     Assicurarsi di aver istituito una routine rilassante e affettuoso per l’ora della nanna. Se il bambino è abbastanza grande, parlargli in questi momenti delle misure che si intendono adottare per aiutarlo a dormire da solo e per tutta la notte. I momenti di agitazione e di gioco dovrebbero essere seguiti da periodi di rituali rilassanti e tranquilli. Una storia prima di addormentarsi è una splendida abitudine. La televisione invece no!

*     Lasciare che il bambino impari ad addormentarsi quando lo si mette a letto la sera. Evitare di farlo addormentare in braccio o attaccato al seno. Tranquillizzarlo e poi dedicargli del tempo e sedersi al suo fianco per aiutarlo a imparare la sua modalità di addormentamento. Dargli un pupazzo preferito o le sue dita. Accarezzarlo in modo da calmarlo. Se protesta, assicurarlo che può farcela da solo

*     Consolidare l’uso di un oggetto particolare – una copertina, un animale o una bambola – come parte della routine di auto consolazione

*     Aspettarsi che il bimbo si svegli e pianga ogni tre-quattro ore: alle 10:00, alle 2:00 e alle 6:00. Rispondere ai suoi risvegli con interventi che siano il meno stimolanti possibile. Se in precedenza si è preso il bambino in braccio per cullarlo, è meglio non farlo più, ma calmarlo e accarezzarlo lasciandolo nel letto. Restare accanto al lettino e dirgli che può imparare a rimettersi a dormire da solo.

*     Dopo un periodo in cui si va a trovarlo tutte le volte che chiama, cominciare a rimanere fuori dalla camera e chiamarlo. Fargli sentire la presenza e dirgli che gli si vuole bene e ricordargli del suo oggetto preferito. E’ stupefacente come un bambino possa incominciare ad accettare una voce al posto di una presenza.

*     Infine, lasciargli provare tutte le sue risorse. Aspettare almeno 15 minuti prima di andare da lui per la prima volta o per le volte successive.

LETTURE PER I GENITORI …

*     Bettelheim. B. un genitore quasi perfetto, Feltrinelli, Milano

*     Brazelton. Th. Il tuo bambino e …il sonno. Raffaello Cortina Editore

*     Oliviero Ferraris. A. Sarò padre. Giunti, Firenze

*     Vegetti Finzi. S., Battistin A.M. a piccoli passi. La psicologia dei bambini dall’attesa ai cinque anni. Mondadori

*     Emozioni in favola. Ed. Red

 

LETTURE PER I BAMBINI …

*     Topo Tip e la nanna

*     Il libro delle ninnananne. Ed. Paoline

*     Orsetto bruno ha paura del buio. Edizioni Arca, Milano

*     Brutti sogni in ripostiglio. Edizioni El., Trieste

*     Nel paese dei mostri selvaggi. Ed. Babalibri, Milano

*     Che paura!. Ed. Giunti Junior, Firenze

*     Buonanotte cuoricino. Ed. Fabbri, Milano
 
Il lupo nella mia camera. Ed. Gallucci
 

 

 

I PUNTI SALIENTI DELL’ ALIMENTAZIONE …

 

Nutrire il proprio figlio è una missione sacra per un genitore. Questo nuovo ruolo potrebbe cominciare a sembrare una sfida ancor prima che il bambino sia venuto alla luce.

Ecco alcuni consigli

*     Fate in modo che per la famiglia i pasti siano un momento consacrato allo stare insieme

*     Quando il bambino non ha più voglia di stare seduto a tavola, non insistete

*     Trasformate i pasti in un momento divertente da passare insieme. Cercate di essere dei compagni di pasto per vostro figlio: mangiate la vostra pietanza mentre lui mangia la sua

*     Non lasciate che vostro figlio guardi la televisione durante i pasti né promettetegli un dolce speciale per convincerlo a stare seduto e a mangiare

*     Ricordate di lasciare che il bambino mangi autonomamente.

*     Coinvolgete il bambino nella preparazione dei pasti

*     COSA PIU’ IMPORTANTE: non presentare i pasti al bambino come una lotta o il seggiolone come una prigione nella quale sarà costretto a rimanere finché non avrà finito di mangiare

 

Per un bambino nutrirsi significa sia soddisfare un bisogno fisiologico, sia affrontare un momento ricco di valenze psicologiche e relazionali. L’impatto dei primi anni di sviluppo ha ovviamente moltissime ripercussioni sul benessere mentale in età adulta. È necessario dunque permettere al tuo bambino di vivere l’alimentazione come un momento sereno e sicuro, senza traumi o forzature, in particolare quel momento cruciale per il bambino e la mamma che è lo svezzamento, in cui nasce il vero e proprio rapporto con il cibo.

 

 

 

 

GLI INTERROGATIVI PIU’ COMUNI …

IL MIO BAMBINO E’ COSì LENTO QUANDO SI TRATTA DI MANGIARE…

Dategli il tempo di cui ha bisogno. Pianificate di fare qualcos’altro per distrarvi. Se necessario, ponete un limite di tempo e mettete giù il bambino una volta che è stato superato il limite.

 

MIA FIGLIA NON VUOLE MANGIARE CIBI DI COLORE VERDE, POI LA SETTIMANA SUCCESSIVA QUELLI DI COLORE GIALLO…. DEVO PREOCCUPARMI?

No. La bambina sta mettendo alla prova la sua capacità di compiere delle scelte. Probabilmente alla bambina piace di avere il controllo su di voi. Presentate una scelta limitata di cibi salutari a ogni pasto e a ogni spuntino che comprenda alcuni alimenti che è più probabile che mangi. Lasciando la scelta alla bambina. Se non sceglie nulla dite “ che probabilmente le piaceranno più i cibi che si prepareranno domani”.

 

IL CONTRIBUTO DEL PADRE ALL’ALIMENTAZIONE DEL BAMBINO …

 

*     Durante i pasti il padre è più incline a giocare e a scherzare con il bambino

*     Può darsi che il padre tenga il cucchiaio  e porga i cibi solidi in modo diverso, facendo abituare il bambino a due diversi modi di accettare e ingerire gli alimenti

*     Il padre potrebbe essere meno preoccupato di quanto mangia il bambino. E ciò può contribuire a ridurre la pressione all’ora dei pasti

*     Quando il bambino è a tavola con la famiglia, il padre può coinvolgerlo in conversazioni giocose e catturarne l’interesse con nuovi argomenti “Sai cosa mangiano le tigri?”

*     Il bambino che riesce a coinvolgere il padre all’ora dei pasti vedrà migliorare l’immagine di sé: “Sono importante per mio padre, quindi sono importante!”

*     IL PADRE DOVREBBE PARTECIPARE ATTIVAMENTE NELL’ALIMENTAZIONE DEL PROPRIO FIGLIO, CONDIVIDENDO LE RESPONSABILITA’ DELL’ALIMENTAZIONE CON LA MAMMA.

 

LETTURE PER I GENITORI…

*     BRAZELTON, T.B. IL TUO BAMBINO E … IL CIBO. RAFFAELLO CORTINA EDITORE

*     HAGELDIAN, G. CHE PAPPA DOTTORE? FELTRINELLI

*     HOGG, T. IL LINGUAGGIO SEGRETO DEI NEONATI. MONDADORI

 

LETTURE PER I BIMBI…

*     TOPO TIP NON VUOLE MANGIARE. DAMI EDITORE

*     MANGIAMO LA PAPPA?. MONDADORI

*     PAPPE DA FAVOLA. SPERLING E KUPFER

*     LE MILLE E UNA PAPPA. HOEPLI ED.

*     OH NO ANCORA VERDURE. IL CASTORO EDITORE

 

 

EDUCAZIONE AL VASINO…

 

L’educazione al “vasino” in passato iniziava molto presto, coincideva solitamente con “i primi passi” (più o meno attorno ai 12 mesi), a volte anche prima.

Oggi invece si tende a rinviarne l’inizio tra i 18 mesi e i due anni, periodo in cui il bambino è in grado di esercitare il controllo sugli sfinteri.

I ritmi di questa complessa maturazione non sono uguali per tutti i bambini: c’è chi è precoce e chi è tardivo. Gli studiosi hanno comunque rilevato che in genere il bambino è pronto tra i 20 mesi e i 3 anni.

Le femmine, poi, sono più precoci dei maschi, che di solito raggiungono l’ autonomia sei-otto mesi dopo. Questo avviene perché i maschi hanno uno sviluppo neurologico più lento.

Il compito dei genitori sarà quindi delicato: dovranno essere attenti a captare i primi segnali di maturità e agire di conseguenza.

Un utile suggerimento al riguardo può essere quello di regalare al bambino un vasino, da usare come giocattolo, quando raggiunge l’anno e mezzo di età. L’obiettivo è che scopra da solo a cosa serve questo gioco. In questo modo i genitori non forzeranno il piccolo ad usare il vasino prima del tempo e, allo stesso tempo, non aspetteranno troppo.

E’ molto importante che, in questa delicata fase di transizione, i genitori non si dimostrino troppo esigenti perché si rischia di far scattare nel piccolo l’impulso a “trattenere” per contrastare i genitori e sottrarsi al loro completo controllo. Lo stesso vale se il bambino viene rimproverato in caso di stitichezza e, di conseguenza, incitato a sforzarsi controvoglia effettuando un controllo rigido su tempi ed orari.

Sostanzialmente in questo momento di passaggio verso l’autonomia, il messaggio che i genitori devono trasmettere al piccolo non è tanto “Ormai sei grande, devi saper fare anche questo” quanto piuttosto “Sei bravo, puoi fare anche questo”.

Se è vero che il passaggio al vasino segna una tappa nello sviluppo verso la sua indipendenza, ricordiamoci che il bambino ha ancora bisogno di sentirsi il “piccolo” di mamma e papà.

Il bimbo sta crescendo, ha raggiunto diciotto mesi e il controllo sfinterico ha iniziato a manifestarsi, in pratica inizia a controllare la pupù; è giunto il momento di “provare” a togliere il pannolino proponendo un bel gioco: il gioco del vasino.

Detto così sembra facile. Ma non lo è affatto. Ogni tappa dello sviluppo dell’indipendenza del bambino è un traguardo sofferto. Lo è per il bimbo, e lo è altrettanto per i genitori che devono essere pazienti e fare un pò gli "psicologi".

I genitori devono capire quando è giunto il momento di fare questo grande passo. Il bambino di solito a questa età inizia a manifestare atteggiamenti di imitazione e voglia di indipendenza. Se riesce ad eseguire semplici comandi, cammina con disinvoltura scendendo e salendo le scale può affrontare agevolmente anche questa novità perché la sua coordinazione motoria, e il suo stato emotivo sono pronti. Ecco che è possibile farsi imitare nell’andare in bagno.

Il gioco del vasino inizia con l’acquisto di un vasino divertente, con una forma originale, e in commercio c'è veramente solo l'imbarazzo della scelta. Questo “attrezzo” sarà inizialmente visto con scetticismo dal bambino. Non sa che cosa sia, e può anche avere paura ad usarlo. Qui i genitori devono mettere in atto tutta la tranquillità e la pazienza possibile.

Il bimbo non deve sentirsi obbligato ad usare il vasino se non si vuol incrementare il suo rifiuto nei confronti della novità. Inizialmente non avrà il pannolino, gli incidenti capiteranno, e devono accadere. La sensazione di sentirsi bagnare dalla pipì è nuova per lui. Ne rimarrà stupito. Osserverà con meraviglia il laghetto appena creato sul pavimento. La mamma, o il papà non devono sgridarlo ma fargli capire che se sente di nuovo il bisogno di fare un laghetto deve provare a sedersi sul suo nuovo “amico”. Inoltre è utile lasciarlo bagnato per qualche minuto proprio per fargli capire che il disagio del sentirsi umido è sgradevole.

L’imitazione è fondamentale. La mamma si siederà sul wc e farà vedere al piccolo che è lì che si fa la pipì.

I genitori possono provare a riempire il vasino con l’acqua mostrando al bambino che quell’ attrezzo con il foro non è un cappello ma un contenitore di pipì.


In alcuni casi è consigliato comperare una bambola con apposita valvolina di scarico. Appena inizia il getto posizionarla sul vasino e far vedere al piccolo che la bambola è stata brava ad usarlo correttamente.

Se il bimbo adora imitare i genitori potete provare a comprare il riduttore del wc con apposito rialzino per raggiungerlo. Molte mamme affermano che in questa maniera i bimbi hanno imparato velocemente a utilizzarlo nella maniera corretta semplicemente imitando gli adulti.

Per lo stimolo della cacca si deve pazientare un po’ ma appena pensate che è l’ora della popò o il piccolo stesso avverte il bisogno di evacuare proponetegli il vasino e pazientate vicino a lui. La vostra presenza lo rassicurerà. Se è troppo concentrato e proprio non riesce a produrre niente dategli un gioco da manipolare in modo che questo lo possa rilassare completamente.

Appena produce qualcosa lodatelo, battete le mani, ditegli che è stato bravissimo; questo rinforzo positivo lo farà sentire fiero e vorrà essere lodato anche le volte successive. Appena vedete che ha preso dimestichezza con il vasetto comprategli un regalo e dateglielo come premio per “essere diventato grande”.

Per i sonnellini pomeridiani e il controllo degli sfinteri la notte continuate ad usare il pannolino. Quando vedete che rimane asciutto provate a toglierlo non prima però di aver messo un bel telo impermeabile sul materasso, la prudenza non è mai troppa!

Presto il vostro bambino sarà indipendente nelle sue funzioni primarie e voi ne sarete fiere ed entusiaste. Le prime conquiste sono emozionanti. Vedrete negli occhi del vostro piccolo tutta la soddisfazione di questo mondo quando lo loderete per essere diventato grande.

 

LETTURE PER I GENITORI …

*     Brazelton, T.B. Il tuo bambino e … il vasino. Raffaello Cortina Editore

*     Welford, H. Come aiutare il bambino a usare il vasino. Ed. Red

 

LETTURE PER I BAMBINI …

*     IL LUPETTO E IL SUO VASINO. MOTTA ED.

*     A COSA SERVE IL VASINO. MONDADORI

*     LA CACCA: STORIA NATURALE DELL’INNOMINABILE. EDITORIALE SCIENZA

*     LA PIPI’ DELLA ZEBRA. ED. CASTORO

*     LE CACCHE DEL CONIGLIO. ED. CASTORO